Cucina italianacucina romana

La piazzetta a Calcata

Nella mia ennesima visita a Calcata, ho deciso di cambiare il ristorante abituale dove da sempre ci fermiamo a mangiare con un altro. Dopo un’attenta osservazione dei ristoranti del luogo, qualche letto qua e là su internet ed una valutazione dei prezzi modici la mia scelta è ricaduta sulla piazzetta.
La piazzetta è un locale situato in una pittoresca e minuscola piazza secondaria, nel centro storico di Calcata vecchia.
Il locale è piccolo ed accogliente, alcune pareti sono bianche nella parte superiore e sotto una greca in legno decorata di un verde acqua tendente allo scuro, altre sono ricoperte di legno e contribuiscono a dare un tono di calore al locale.
Appena entrati sotto il grande camino dove è stato ricavato un bancone in marmo spicca imponente un bel prosciutto nel suo trespolo, pare sia una delle specialità della casa.
I tavoli sono piccoli e neanche troppi e sono vettovagliati con tovaglie di carta che non guastano mai in un ambiente così rustico e casareccio.
Noi ci siamo accomodati in un tavolino sul fondo del locale, sotto una grossa lavagna dove vengono riportate le specialità del giorno con i prezzi.
Il proprietario che precedentemente ci aveva indicato il tavolo è arrivato portandoci i menu ed aggiornandoci sulla presenza straordinaria di zuppe di legumi, fagioli con le cotiche e polente varie.
Dopo un breve scambio di parole ci si accorge subito di avere a che fare con una persona diversa dal normale.
Il suo approccio con il cliente è diretto e scherzoso, quasi rustico come il suo locale. In un romano allegro fà battute e ci guida, nella scelta dei piatti, osservandoci dai suoi occhialini caratteristici che in qualche modo sembrano proteggerlo da un approccio troppo diretto.
Ci mette poco a fare credere al cliente di avere a che fare con un amico piuttosto che un ristoratore.
In fondo al menu una frase mi ha colpito regalandomi un sorriso ma anche un pizzico di amarezza,
“Io mi moje e le mi fie addolorati annunciano la morte dello
sconto si uniscono ar dolore il mutuo a tasso variabile
l’INPS l’ENEL lo studio di settore le assicurazioni il GAS
l’EURO e tutti coloro che ci svotano le saccocce”.
Facendo un salto in bagno per lavarmi le mani, ho scoperto tutto un mondo, appeso allo scarico del water c’è una vera e propria poesia in romano che parla dello scarico der cesso e della sua posizione insolita. Non vi accenno ai contenuti perché voglio lasciarvi la curiosità di andare a leggerla di persona.
Ordiniamo come antipasti un affettato misto di salumi e formaggi con il prosciutto tagliato a mano e dei fagioli all’uccelletto con salvia e finocchietto selvatico.
La lista dei primi è lunga ed interessante ed è difficile decidere cosa prendere, non mi va di mangiare la polenta, nonostante il freddo e nemmeno una zuppa, cose che cuciniamo troppo spesso a casa, così decido di scegliere una pasta fatta in casa.
Ci sono gli strangozzi ed i tonnarelli, i primi sono una pasta lunga e spessa fatta con acqua e farina, gli altri degli spessi spaghetti di pasta all’uovo a sezione quadrata. Sono indeciso ma per restare leggero decido di evitare la pasta all’uovo e prendere gli strangozzi.
Nella scelta del sugo non ho dubbi, c’è il sugo di pecora alla calcatese, mentre simona và sul classico decidendo di prendere i tonnarelli cacio e pepe.
Decidiamo subito di ordinare anche i secondi ed i contorni in quanto il proprietario ci tiene a precisare che alcuni secondi hanno una cottura lenta.
Un arrosto misto per due, una porzione di patate al forno che non guasta mai ed un broccolo ripassato in padella.
Passa un pochino di tempo che impegniamo con una leggera conversazione sulle impressioni che ci suscita il locale mentre sorseggiamo un vino rosso di Montefiascone che il ristorante fornisce sfuso come vino della casa.
Il vino ci viene servito freddo, cosa che non condivido mai per quanto si tratta di rossi, è un vino secco e molto duro di quelli che bevuti a digiuno stroncano ma non mi dispiace appena comincia a riscaldarsi e rilasciare i suoi aromi.

Er poeta della Piazzetta di Calcata

Il proprietario torna e comincia ad affettare formaggi e salumi nel banco in fondo alla sala, chiedo a Simona di fotografarlo vista la sua posizione favorevole ma non riesce a fare un buon lavoro.
Ci porta gli antipasti ed un buon pane leggermente salato. I formaggi sono degli ottimi pecorini e qualche cacio, ne troppo stagionati ne freschissimi, un ottima scelta direi che non mi dispiace per niente.
I due tipi di salami sono ottimi, saporiti e non stucchevoli, la lonza invece è eccezionale, si scioglie in bocca deliziando il palato.
Il pezzo forte degli affettati è però il prosciutto tagliato a mano, non sapendo come descriverlo prendo in prestito una frase di un film di verdone “assaggia ‘sto prosciutto, è ‘n zucchero” ed è proprio questo che bisogna fare, assaggiarlo.
I fagioli che arrivano quasi in concomitanza ai salumi, sono veramente ottimi, già dal profumo mi conquistano. Sono dolciastri e leggermente caldi, si riesce a percepire il finocchietto selvatico e la salvia che li rendono speciali dandogli quel tocco in più di speziato. Di sicuro non sono cotti al momento, ma lasciati a macerare nel loro sughetto dove l’ottimo olio utilizzato fà si che prendano ancora più sapore.
In un baleno abbiamo ripulito l’intero vassoio e con il pane abbiamo pulito ogni residuo di sughetto.
Quando sono arrivati i primi eravamo già in uno stato di grazia. I tonnarelli di Simona erano pieni zeppi di cacio e pepe, cosa normale per quel tipo di piatto per niente delicato, dai sapori decisi che coprono quello del tonnarello. Mi piacevano così tanto che ho deciso di mangiare metà del piatto di Simona cedendole poi parte del mio quando sarebbe arrivato.
Il mio piatto di strangozzi alla calcatese era per me una perfezione del gusto, gli strangozzi cosi spessi catturavano il sugo senza disperdersi ed il loro sapore delicato non interferiva con la dolcezza estrema del sugo che scivolava lentamente sulla loro superficie ruvida. I pezzi di pecora che trovavo nel sugo si scioglievano dolcemente in bocca e pure Simona sembrava gradire. In poco tempo avevamo fatto fuori tutta la pasta nei piatti e ripulito il fondo dei piatti dai residui di sugo con il pane.
Prima ancora di mangiare i secondi, questa posto mi aveva talmente catturato da decidere di prenotare subito un tavolo per il pranzo del giorno seguente.
Quando è arrivato il vassoio con l’arrosto ed i contorni eravamo già cotti ed appagati, il vino aveva fatto il suo corso naturale fino al mio cervello ma dovevamo resistere ed affrontare questa ultima prova.
L’arrosto di maiale era buonissimo, tenero ed insaporito da un trito di finocchietto selvatico, credo. Le salsicce fatte in casa, una con il finocchietto, l’altra semplice erano per i gusti di uno come me che ormai mangia con poco sale a causa dell’ipertensione, troppo saporite di sale e quindi difficilmente apprezzabili. Il manzo era buono, tenero e saporito, forse un pò troppo carico d’olio e quindi difficilmente affrontabile alla fine di un pasto.
La porzione di broccolo non è mai arrivata ed al suo posto mi è stata servita la cicoria ripassata, non ho voluto nemmeno far notare l’errore al proprietario perchè ero così soddisfatto da quanto avevo mangiato da passare sopra all’inconveniente.
Era un tantino salata ed ho deciso di fare uno scambio volontario con le patate al forno di Simona.
Le patate erano ottime, morbide al centro e croccanti sui bordi, nonostante il mio stato di sazietà sono riuscito a finirle.
Quando il proprietario è tornato per chiederci se volevamo il tiramisù speciale fatto dalla moglie abbiamo gettato la spugna chiedendo il conto e rimandando il tutto al giorno seguente.
Abbiamo chiesto e pagato un onestissimo conto ed abbiamo salutato il proprietario e la moglie con arrivederci a breve termine.
L’indomani, alle tredici in punto colti dalla fame e dal morboso desiderio di tornare alla piazzetta abbiamo varcato la soglia del locale.
Nei nostri propositi c’erano un piatto di pasta ed una fetta di tiramisù, ma poi strada facendo è cambiato tutto.
Non sono riuscito a convincere Simona a prendere gli affettati misti ne il prosciutto, in cambio però mi ha concesso una porzione di fagioli all’uccelletto.
Considerando le severe leggi del codice della strada ed il fatto che nel pomeriggio avrei dovuto guidare, abbiamo optato per bere solo acqua e coca-cola.
I fagioli sono arrivati e svaniti in una frazione di secondo. Il vassoio dopo il nostro attacco passaggio con il pane per recuperare ogni minima traccia di sugo sembrava appena lavato.
La scelta dei primi è stata facile, avevo in mente già dalla sera prima di bissare con gli strangozzi alla calcatese mentre Simona ha deciso di provare una gricia.
Gli strangozzi ottimi come la sera precedente sono andati giù lasciandomi il sughetto per la scarpetta di rito. La gricia era qualcosa di strepitoso, così saporita quasi da commuovermi e da costringermi ad infastidire simona con continui affondi nel suo piatto. Posso affermare con certezza che si tratta della migliore grigia che abbia mai mangiato, cosa confermata anche da Simona che essendo di Roma, credo sia cresciuta con questo straordinario piatto della cucina povera capitolina.
Ancora prima di finire i primi nella mia mente già balenava l’idea di prendere la pecora al sugo anche come secondo. Idea che ho subito tentato di concretizzare chiamando la simpatica figlia del proprietario, che oggi sostituiva la madre nel servizio ai tavoli.
Purtroppo, sono rimasto deluso nel sapere che l’ultimo residuo di pecora al sugo era quello appena mangiato con gli strangozzi. Non potevo a questo punto capitolare ed arrendermi ed ho ordinato un pollo alla romana mentre simona si lasciava tentare dalla scamorza al tartufo.
Al tavolo di fianco tre persone cominciavano ad ordinare mentre chiacchieravano di banalità. Credo ci abbiano odiato quando gli abbiamo confessato che sia l’ultima porzione di sugo di pecora che la scamorza al tartufo erano state finite proprio da noi.
Quando è arrivato il pollo non avevo molta fame ed ancora mi portavo nel cuore la delusione per non aver potuto mangiare la carne di pecora al sugo. Ho provato la scamorza di simona e devo dire che l’ho trovata ottima, con una croccante crosticina nera che la rendeva ancora più interessante ed un forte sapore di tartufo. Il pollo invece era come mi aspettavo un normalissimo pollo alla romana, con il sugo ed i peperoni, ben cucinato ma non in grado di suscitare particolari emozioni al mio palato.
Quando abbiamo finito di mangiare i secondi, abbiamo deciso di provare “Er tiramisù: er più bono dell’universo lo fa mi moje” secondo quanto trascritto nel menù.
Un tiramisù interessante, con l’aggiunta di crema pasticcera, credo, che lo rende un tantino più forte come sapore rispetto a quello classico ma che non è il migliore che abbia mangiato.
Dopo aver pagato il conto ed aver salutato il proprietario con la promessa di rivederci presto, siamo andati via.
Di sicuro questo ristorante ha guadagnato il posto di mio ristorante preferito a Calcata e sarà una metà fissa nelle mie continue visite di piacere alla cittadina.

10 pensieri riguardo “La piazzetta a Calcata

  • 🙂 io in quella trattoria c'ho mangiato la prima volta credo 10 anni fà, ed era esattamente come la racconti un posto intimo, grezzo, accogliente, stretto ma pieno di sapori eccellenti.
    Quando capito a Calcata si mangia da Frankie (lo chiamo cosi' perchè secondo me lui somigliava 10 anni fà a Frankie HI NRG) alla piazzetta.

    PresidenteRandagio

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  • Insomma, a me non piacciono le foto, solo che non avevo altro dietro che il cellulare, se avessi avuto l'attrezzatura fotografica sarebbero state più interessanti.

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  • da svenire e poi di quei tonnarelli che alla vista mi fanno sbavare ne vogliamo parlare?!

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  • Adoro questi posti così caratteristici! Poi quella carbonara è davvero invitante! Sei sempre convinto di voler fare la dieta, vè?

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