Cucina italiana

Cucina Sarda da I Mamutones a Roma

Grazie ad un coupon di sconto ci siamo ritrovati a cenare in quello che ritengo il miglior ristorante Sardo di Roma, Il Mamutones in Piazza Monte Gennaro, 29.
Quando entri in un locale come Mamutones ti rendi subito conto di non essere in un locale normale, la quantità di oggetti appesi alle pareti, le fotografie, i lampadari di stoffa fiorata, le maschere sarde e tutto il resto sembrano trasportarti in una realtà lontana dalla nostra.

Ogni cosa è folklore e tradizione, perfino i camerieri sono impregnati di un modo di fare caloroso e cordiale tipico della Sardegna.

Il cameriere ci ha accolto con un sorriso confortevole e ci ha mostrato il nostro tavolo dove una parte degli antipasti in piccole ciotole bianche ci aspettavano.
I tavoli sono disposti accoppiati e disposti in file da otto posti, ogni due posti occupati ne lasciano sempre due liberi per poter appoggiare le portate.
Ci ritroviamo quindi alla fine della tavolata un’altra coppia che sta mangiando le nostre stesse portate.

Sul tavolo ci sono delle ciotoline con i peperoni ripassati in padella, con le zucchine fritte alla menta, le melanzane a dadini, le patate a fette gratinate ed un piatto con del prosciutto cotto tagliato spesso.

In un piatto più grande invece ci aspetta una montagna di pane carasau condito con olio di oliva rigorosamente sardo.

Comincio subito a provare il pane mentre il cameriere prende a riempirci il piatto con altri antipasti.
Ci chiede cosa vogliamo bere e siamo indecisi, non vorrei il vino perché devo guidare ma alla fine cedo per un mezzo litro di vino locale. Il cameriere prende una bottiglia di vetro trasparente stappata e ci dice di attingere da li.
E’ buono, forte ma non troppo secco, denso, scuro ed intenso. Ho paura che non riuscirò a limitarmi al mezzo litro avendo a tavola l’intera bottiglia.

Ci mette nel piatto delle olive verdi tipiche della Sardegna, sono ottime. Poi arriva con un piattino pieno di salami tagliati al momento e lo lascia sul tavolo.
Dopo un po’ lo vedo ripassare con cestino enorme di ricotta fresca, prende un paio di cucchiaiate e ce le mette nel piatto. Poi ci porta il formaggio fresco e quello stagionato stagionato, una mozzarellina piccola e delle zucchine grigliate.

Non sappiamo da dove cominciare, siamo circondati da cibo. Il formaggio è ottimo, i salami intriganti e gustosi, il prosciutto e la ricotta molto buoni, le verdure eccezionali, il pane carasau perfetto per accompagnare tutto quel ben di dio, tanto che per un po’ nemmeno mi accorgo del cestino con il pane fresco casareccio. Solo la mozzarella è di quelle insapore che si trovano da queste parti, lontana mille miglia dalla vera bufala campana che ho mangiato per tutta la vita a Napoli.
Alla fine degli antipasti non vediamo l’ora di assaggiare i primi.

Per un attimo mi guardo intorno nella sala e mi accorgo che nessuno degli altri tavoli ha ripulito come noi ogni piatto o ciotola, hanno tutti lasciato qualcosa limitandosi ad assaggiare.
Da noi sembra invece passato Attila, non cresce più erba, pure quella ci siamo mangiati.
Quando il cameriere si è accorto che abbiamo spazzolato ogni cosa è arrivato con un enorme pentola di coccio, con un cucchiaio ha pescato dalla pentola dei dadini misti di salumi sott’olio e ce li ha messi nel piatto.
Anche quelli erano buoni, alcuni piccanti, altri dolci, tutti aromatizzati ed esaltati dal sapore dell’olio.

Il vino ormai ha raggiunto le ragioni più remote del mio cervello, ho smesso di pensare e chiacchierare e voglio solo ingurgitare altro cibo.

In tre vassoi metallici ci servono un tris di primi. Comincio dalle pennette al formaggio, buone ma un tantino forti come gusto.

Ripulisco mezzo vassoio e passo al raviolo gigante ripieno di ricotta e zafferano, davvero ottimo, anche se lo zafferano non è che si percepisca tanto, sembra più un classico raviolo agli spinaci.
Simona ha iniziato invece dagli gnocchetti sardi al ragù di salsiccia per poi finire con le pennette.

Ci scambiamo l’ultimo vassoio e posso mangiare la mia parte di gnocchetti. Sono molto buoni più buoni delle pennette, cotti al dente e conditi con un ragù di salsiccia molto saporito aromatizzato credo alla salvia.

Dopo i tre primi siamo abbastanza pieni e soddisfatti ma siamo ansiosi di provare i secondi.
Ci sorprende che anche sui primi siamo stati gli unici in sala a ripulire completamente i vassoi mentre gli altri per educazione o per limite fisico hanno lasciato sempre una porzione nel vassoio.

Su di un tronco di legno tagliato a mò di vassoio ci viene servito il maialino, un arrosto al mirto e le patate al forno.
In un secondo vassoio metallico ci hanno portato un bel pinzimonio di verdure, sedano, carote, pomodorini, finocchi e ravanelli da immergere nell’olio condito con sale e pepe.
Non posso nascondere di aver fatto un po’ di fatica a ripulirmi tutto, compreso le patatine al forno ma quel maiale era talmente buono e tenero, si scioglieva dolcemente in bocca.
L’arrosto era freddino ed un tantino troppo cotto ma anche quello è completamente sparito dal piatto.

Pur volendoci provare non sono riuscito a finire le verdure del pinzimonio, ero veramente troppo pieno.
E’ difficile che io conosca la sensazione di sazietà ma questa volta ci sono andato veramente vicino.

La frutta tagliata non è stata una chiusura di cena gradita, avremmo preferito un bel dessert, magari sardo ma ci siamo dovuti accontentare di quanto previsto dal coupon.

Per finire il cameriere ci ha portato tre bottiglie di vetro ghiacciate, contenenti tre liquori fatti in casa, in una c’era il mirto di Sardegna, dal gusto forte ed dall’aroma intenso. In un’altra una specie di acquavite chiamato Fiu ferru, molto buono con un’elevata gradazione alcolica e nell’ultima bottiglia un amaro eccezionale.
Tutti i liquori erano rigorosamente fatti in casa ma l’amaro era quello più interessante, scuro ed intenso il colore, un sapore rotondo e corposo in equilibrio tra il dolce e l’amaro, dagli aromi intensi di terra e cedro. Non ricordo quante volte abbiamo attinto dalle tre bottiglie ma ricordo solo che ad un certo punto mi sono imposto di smetterla, dovevo pur sempre guidare fino a casa.

Con un coupon di sconto da 35€ in due abbiamo mangiato bene e tanto ed abbiamo trovato un ristorante davvero interessante che spero diventerà una nostra meta abituale.

Un pensiero su “Cucina Sarda da I Mamutones a Roma

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