Cucina italiana

Corso di Cucina Giapponese

Questa volta mi trovo a scrivere una recensione diversa da quelle solite, perché non sono andato in un ristorante, mi sono seduto ad un tavolo ed ho lasciato che mi servissero, questa volta sono stato stesso io a prepararmi da mangiare nel mio primo “corso di cucina giapponese”.

Il corso si svolge presso un ristorante, lounge bar di Fiumicino, a due passi dal molo dove tutti vanno a passeggiare la domenica. Il locale si chiama “the gouru lounge” e si trova in viale Traiano 181. Quando si entra nel locale ci si rende conto di trovarsi un un posto molto particolare, le luci sono soffuse in ogni stanza nonostante sia mattina e fuori splenda un fantastico sole.
Dando un occhiata alle varie stanze mi colpisce il fatto che non ci siano i comuni tavoli.
Ad una quarantina di centimetri da terra si erge un superficie unica e morbida, come un immenso divano completamente piano. Per delimitare le postazioni dei clienti ci sono pareti colorate nei colori del viola e l’oro. Per ogni postazione c’è una specie di grande mattonella quadrata poggiata sul divano che fa’ da tavolino ed al centro di questa mattonella c’è una candela accesa che illumina la postazione in maniera fioca.
Ci si può accomodare seduti incrociando le gambe o starsene distesi in un atmosfera rilassante ispirata a quella indiana o araba.
Per il corso ci fanno accomodare in una zona del locale luminosissima, una veranda in legno e vetro che lascia passare la forte luce del giorno ed il calore del sole.
Ci sediamo su dei divanetti bianchi attendendo che sia tutto pronto per iniziare il corso. Nel frattempo sbirciamo la veranda dove hanno preparato i tavoli, su ogni tavolo ci sono quattro taglieri bianchi di resina, quattro coltelli affilati, quattro stuoie di legno, quattro ciotole con l’acqua e dei panni spugna per pulirsi le mani.
In una decina di minuti siamo pronto per iniziare il corso, ci accomodiamo ai tavoli e ci viene presentato il maestro di sushi.
E’ simpatico e sorridente ed anche se non parla benissimo l’italiano, riesce a farsi capire.
Esordisce dicendoci che gli allievi di sushi in Giappone cominciano a preparare il sushi dopo dieci anni di insegnamento nei quali hanno soltanto pulito i piatti e seguito il maestro. La cosa non mi stupisce, sono preparato in materia essendo un appassionato del Giappone, solo non capisco che senso abbia dirlo a noi che abbiamo solo quattro ore di corso.

Per un introduzione sul sushi in genere, approfittiamo di un ipad e dell’enciclopedia wikipedia. L’ipad viene fatto girare tra i partecipanti al corso ed ognuno legge una po’ della storia del sushi. Sono emozionato quando mi piantano tra le mani l’ipad, ma poi comincio a leggere e mi dimentico dei miei problemi di timidezza. Peccato che il fatto di restare concentrato per fornire una lettura pulita e senza errori mi faccia perdere il significato delle parole lette.

Cominciamo il corso utilizzando del riso già preparato, il giorno prima, quando sarà finito ne cuoceremo dell’altro. Il maestro sul suo tavolino prende un cetriolo e comincia a tagliarlo partendo dalla parte esterna e ruotando man mano intorno all’asse del cetriolo fino a lasciare soltanto la parte centrale che non serve allo scopo. Ottiene così una specie di sfoglia di cetriolo che taglia poi in tante striscioline sottilissime. Prende una sfoglia di alga nori, la mette sulla stuoia di legno, si bagna le mani per far si che il riso non gli resti appiccicato e ne prende una pallina, la spalma sulla sfoglia di alga, poi mette al centro il cetriolo e dei pezzi di salmone crudo appena presi dal frigo. Con maestria piega la stuoia ed avvolge il tutto ottenendo un rotolo lungo, lo taglia a metà, poi lo taglia ancora ed ancora ottenendo dei fantastici maki con verdure e salmone.
Dalla credenza tira fuori un avocado maturo, ce lo fa toccare per capire lo stato di maturazione e lo tagliuzza a spicchi, prende un’altra sfoglia di alga, ci spalma il riso, lascia cadere sopra semi di sesamo bianchi e neri, rovescia la sfoglia, ci mette dentro cetriolo ed avocado ed avvolge il tutto, ottenendo un rotolo con il riso all’esterno.
Va avanti così, preparando poi dei futomaki, i coni di riso con pesce e verdure, dei california roll ed infine dei nigiri.

Sembra tutto così facile ed in parte lo è, peccato però che il segreto della preparazione del sushi sta nella scelta del pesce fresco, nelle tecniche di abbattimento, nel taglio del pesce ed nella cottura ed il condimento del riso. Questa parte della preparazione è infatti solo una questione meccanica che si può imparare con un po’ di pratica ed accorgimento.

Ci chiede se vogliamo fare pausa o mangiare il sushi che ha preparato ma rispondiamo di no, siamo tutti impazienti di cominciare a prepararlo da noi.

Si comincia con i maki e sembra vengano bene quasi a tutti, poi i california roll, gli hosomaki e poi una pausa per andare a cuocere il riso.

Velocemente ci spiega come cuocere il riso, dopo averlo lavato ed in che quantità miscelarlo con l’acqua. La cottura deve poi avvenire in un apposito macchinario che se ho ben capito non fa altro che fare una cottura al vapore, un macchinario apposito che si spegne da solo quando ha terminato la cottura. Per non perdere tempo, come in ogni trasmissione televisiva sul cibo che si rispetti, c’è già pronta la pentola con il riso cotto. Il maestro lo prende e lo versa con un grande cucchiaio di legno nell’enorme contenitore da riso fatto apposta per il raffreddamento. Raffreddamento che deve avvenire a temperatura ambiente. Dovrebbe condirlo con un apposita miscela di aceto di riso e zucchero, ma per velocizzare il processo di raffreddamento preferisce lasciarlo così.
Nel frattempo ci vengono mostrate delle bacchette colorate, altre laccate o di legno dai prezzi improponibili, dicendoci che se vogliamo possiamo comprarle, alcune arrivano perfino a costare 15€ la coppia, non mi sembrano di grande qualità, tranne quelle nere che appunto costano una fortuna. Ovviamente non le compriamo e ci riaccomodiamo ai tavoli.

Per consumare il sushi preparato ci portano la salsa di soia e delle bacchette usa e getta. Cominciamo a mangiare il sushi che sembra ottimo. Ricominciamo a prepararne dell’altro.

Prepariamo i philadelphia roll, con un formaggio simile alla philadelphia ed i gamberi fritti, e sono davvero ottimi.

Arrotoliamo e tagliamo una quantità impressionante di sushi ed il maestro sembra apprezzare le mie doti di arrotolatore di sushi, tanto che chiama una ragazza che credo si occupi di gestire il locale per mostrargli il miei risultati. Lei sorpresa gli dice che è licenziato perché da domani posso provvedere io alla preparazione del sushi.

Tutti mangiano il sushi appena preparato, tranne due persone che lo preparano soltanto, pare abbiano un ristorante e vogliano imparare a prepararlo per i propri clienti. Sono convinto che nessuno possa cucinare del buon cibo se non è disposto a mangiarlo, ci deve piacere una cosa per prepararla a dovere. Ci vuole amore nella cucina, amore per quello che stiamo cucinando e bramosia di emozionarsi ad ogni assaggio.

Ad un certo punto tutti cominciano ad avvolgere il sushi preparato in fogli di cellofan per portarlo via, noi invece continuiamo a mangiarlo quasi fino ad esplodere, siamo in moto e Simona crede che non ci sia modo di trasportare del sushi in moto, un concetto che ancora non mi è troppo chiaro.

La seconda ondata di sushi non è buona come la prima, il riso scondito non ha lo stesso sapore ed inondarlo di salsa di soia non basta a renderlo saporito.

Prepariamo i nostri futomaki sapendo già di non volerli mangiare. Il primo realizzato da Simona è sconvolgente, poi per fortuna ci pensa il maestro ad aiutarla nell’arrotolamento di un secondo futomaki.

Il corso si chiude con la preparazione dei nigiri, che volutamente faccio molto piccoli per riuscire poi a mangiarli e con la foto di gruppo ed i saluti.

Chiedo il nome e l’email al maestro e dal nome confermo la mia tesi, è cinese, si chiama Li Shu Yan. L’avevo immaginato quando non riusciva a pronunciare la parola gambero, nella lingua giapponese ci sono infatti quasi tutte le nostre sillabe. Il cinese è diverso e per loro pronunciare le nostre sillabe equivale ad imparare dei nuovi suoni che non hanno mai ascoltato.

Ne approfitto allora discutere della provenienza del sushi, per capire se si tratta attualmente di un piatto tipico anche in Cina. Mi risponde di si e mi dice che nella discendenza dei suoi maestri c’è anche un maestro giapponese.

E’ stato interessante il mio primo corso di cucina giapponese e vorrei quanto prima farne un’altro per imparare qualcosa di più complesso, tipo il taglio del pesce.

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