Cucina italiana

Una cena romantica ( Ristoareo di Fiumicino )

Ero molto entusiasta di aver prenotato una cena per due al ristoaereo, mangiare nella fusoliera del primo aereo presidenziale italiano mi sembrava un idea originale per festeggiare una tre anni di storia insieme.
Così per 100€ ho prenotato una cena per due persone a bordo dell’aereo.
Arrivati nei pressi del locale mi ha subito infastitido la mancanza di un parcheggio auto che ci ha costretto ad una sosta abusiva nel vicoletto di fianco il locale.
La struttura del locale è davvero originale,è costruita a ridosso di un vero aereo, la punta dell’aereo, la coda e ali sporgono dall’edificio finendo per fare da decorazione al giardino esterno, mentre all’interno, le ruote dell’aereo, poggiate su dei pilastri tengono la fusoliera sospesa al centro della sala, sopra le teste dei commensali.
L’accoglienza nel ristorante è stata cordiale, una bella hostess di sala ci ha accompagnato su per le scale dell’aereo chiedendoci di porgerle la giacca per poi indicarci il tavolo all’interno della fusoliera.
Appena ci siamo seduti, ci ha intrattenuto con un interessante conversazione sulla storia dell’aereo, del locale e della provenieza del cuoco, allievo diretto di Heinz Beck.
Poi ci ha versato del buon vino spumante ed è si è congedata lasciandoci soli nella fusoliera.
Non c’era ancora nessun altro cliente, sarebbero arrivati tutti più tardi.
Eravamo soli in quell’ambiente sobrio, elegante quanto basta che trasmetteva una certa suggestione emotiva e visiva.
Abbiamo fatto qualche foto ricordo della serata e poi ci siamo dedicati ad uno studio dell’aereo, mentre la mia attenzione si focalizzava sempre di più sulla tavola imbandita.
Due file di tavolini per due persone erano disposte ai lati dell’aereo, lasciando il corridoio centrale libero per il passaggio dell’hostess.
I tavoli quadrati di legno erano coperti da una fascia di telo viola che faceva da tovaglia alla parte centrale del tavolino, sporgendo poi dai lati delle sedie, a tavola c’erano un bicchiere da vino bianco ed uno per l’acqua, due forchette, una forchettina ed coltello, ed un tovagliolo di carta bianco, inclinati di 45 gradi rispetto al tavolo, per dare un tono di innovazione alla tavola. In un piccolo vaso sul bordo sinistro del tavolo dei bei fiori viola e gialli davano un tocco di allegria alla tavola.
Da subito ho fatto notare a Simona che non mi piaceva il fatto che avessero usato tovaglia e tovagliolo di carta, ma aveva stroncato la mia critica dicendo che secondo lei era più igienico…
L’hostess è tornata per servirci un pre antipasto chiamato “tempura di asparagi”.
Altro non era che un asparago tagliato in 4 parti, impastellato e fritto per poi essere servito in due piccole ciotoline, con due quarti di asparago a testa.
Un fritto delicato, non unto e di sicuro originale, non mi era ancora mai capitato di mangiare gli asparagi a questo modo.
In seguito, ci è stato servito l’antipasto, con una particolare attenzione nel chiedere tra una portata e l’altra se avevamo gradito o meno.
L’antipasto era composto da quattro goccie di tartara al tonno grandi quanto delle noci, graziosamente disposte nel piatto intorno ad un ciuffetto di insalata.
Il sapore era ottimo, intenso ma non stucchevole, si riusciva a percepire la freschezza ed il sapore del pesce, peccato che sia finito in pochi colpi di forchetta, lasciandoci in balia dei pani alle olive e sesamo del cestino.
Dopo questo unico antipasto è arrivato il primo piatto, un fondo di piatto fondo, spalmato di risotto ai gamberi. Mi aspettavo qualcosa di più particolare da un ristorante con quei prezzi ma devo dire che non mi ha deluso in quanto a sapore, era forse il miglior risotto ai gamberi che avessi mai provato, ma non il miglior risotto in assoluto.
Anche il primo, come l’antipasto è finito in pochissimi forchettate, giusto il tempo di assaporarlo. La gentil donna è ritornata e ci ha cortesemente chiesto se gradivamo fare una pausa prima di continuare con la cena.
Ci sembrava assurdo fare una pausa senza aver neppure cominciato quindi abbiamo deciso di continuare subito.
Intanto altri tavoli persone ci avevano raggiunto nella fusoliera occupando gli altri tavoli, mentre due ospiti speciali erano stati accompagnati in una zona speciale, un privè con salottino posto in coda alla fusoliera.
Chissa quanto avranno dovuto pagare per avere quel trattamento speciale.
Finalmente l’hostess ritornò con il nostro secondo.
Ci fu presento come filetto di spigola dorato su letto di misticanza con aceto al lampone, nome che lo faceva sembrare chissà quale specialità. In realtà si trattava di un quarto di una spigola medio-piccola, probabilmente fritta, poggiata su di un ciuffo di insalata e decorata con una scia di aceto a zigzag.
Era carina a guardarsi, ma davvero troppo banale nel sapore ed esigua nella quantità, neanche il tempo di assaggiarla che era finita. Anche in questo caso il pane accompagnato dall’insalata è stato l’unico modo possibile per appagare le richieste dello stomaco che chiedeva cibo.
Quando ci sono stati portati via il cestino del pane e le posate, abbiamo capito che era finita così, ci avrebbero servito il dessert per poi salutarci.
Un interpretazione personale dello chef del tiramisu, consisteva in una tazza da thè trasparente con dentro un crema di caffè, del mascarpone misto a panna, una spolverata di cacao amaro ed una fogliolina di menta.
Niente di speciale, avrei voluto far assaggiare allo chef il mio tiramisù, quello che faceva mia zia quando ero bambino o quello di una mia compagna delle superior per fargli capire che avrebbe potuto impegnarsi di più.
La cena era finita, l’hostess ci ha riaccompagnato, ridato le giacche. Ho pagato il conto prestabilito, e siamo andati via.
In auto Simona sembrava più contenta di me, era rimasta colpita dall’ambientazione e dal servizio portando in secondo piano il giudizio sulla cena, io invece, mi sono portato dentro un senso di insoddisfazione, di chi da buongustaio pretende sempre qualcosa in più dalla qualità e le quantità di una cena da 50€ a persona.

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