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Al tavolo del Fuji – giapponese all you can eat

Spinti dall’aver acquista un coupon di sconto su internet ci siamo recati per cena al ristorante di cucina giapponese Fuji di Roma in via tiburtina 717 b/c.
Dall’esterno il locale non mi ha fatto una buona impressione, sembrava una di quelle pizzerie economiche costruite sotto le verande di alluminio.
Entrati nel locale, dopo aver superato il simpatico acquario ad L che nasconde la porta di ingresso ci si ritrova tuttavia in un ambiente accogliente.

Il tetto della parte verandata è alto, ricoperto da sottili travi di legno da dove penzolano una serie infinita di lampade incestinate.
I tavolini sono quadrati, di legno scuro, molto sobri ed eleganti e sono vettovagliati con le solite tovagliette di bambu, un simpatico piatto dalle forme arrotondate triangolari, dei semplicissimi bicchieri, due posate classiche ed una confezione di bacchette usa e getta.
Trovo sempre fuori luogo che ci siano delle posate classiche sul tavolo di un ristorante cinese o giapponese, sarebbe corretto lasciare solo le bacchette e su richiesta del cliente servire le posate.

La cameriera che ci accoglie parla benissimo l’italiano, ho il sospetto che sia cinese, come tutti nel locale visto che pronuncia la elle al posto della erre e sul menù giapponese il ramen viene chiamato lamen.
Ci fà accomodare in un tavolo all’angolo della sala e ci porta subito i menù.

Il locale serve cucina cinese e giapponese e ci sono dei menu a prezzo fisso dove puoi ordinare quantità di cibo illimitate, cenare costa 16€, mentre pranzare ne costa soltanto 10€, non tutte le pietanze alla carta sono ordinabili nei menù “no limits” ma non è un problema data la convenienza.
Nel nostro caso, dispondendo di un coupon preacquistato online su Groupon non possiamo scegliere il buffet ma dobbiamo ordinare dal menù completo alla carta.

Dopo una lunga lettura dei menu, decido come antipasto per dei Samosa, fagottini di carne fritti originari della cucina indiana che nel mondo ritrovano varie interpretazioni mentre Simona opta per un classico antipasto cinese, i ravioli alla verdura.

Ordiniamo tutto le portate della cena subito, come è usanza nei ristoranti cinesi o giapponesi ed i piatti cominciano ad arrivarci in ordine sparso.
E’ difficile trovare dei ristoranti giapponesi o cinesi che rispettino un ordine nel servire le portate, nonostante sul menu definiscano categorie quali antipasto, primo, secondo e dolci.
Ormai non ci faccio più caso e mangio tutto quello che mi viene servito senza rispettare alcun ordine.

La prima portata che ci è stata servita sono stati i samosa, avevano l’aspetto di piccoli triangoli di sfoglia di farina ripieni, rigorosamente fritti. Li abbiamo cosparsi di creama agrodolce cinese, come si fà per gli involtini primavera e li abbiamo messi sotto i denti.
Il contenuto dei fagottini era tenero e saporito ma la sfoglia un tantino troppo grassa, si percepiva troppo l’olio di frittura, una cosa che mi infastidiosce nei cibi ma che credo sia inevitabile con quel tipo di sfoglia.
Subito dopo sono arrivati gli onigiri con gambero, le famose polpette di riso triangolari che si ricorrevano sempre nei cartoni animati giapponesi della mia generazione.

Avevano un aspetto accattivante ed erano ottime, il riso non era scotto ma aveva tenuto la cottura, il sapore era delicato, l’aceto si percepiva come se una nota sottile e non c’era traccia di maionese, cattiva abitudine di pessimi ristoranti giapponesi in italia per rafforzare il sapore del riso.
Dalla parte superiore della polpetta sbucava una coda di gambero che arrivava fino al centro della polpetta dove faceva da ripieno. Il gambero dava quel tocco in più di sapore che serviva a rendere completa un’ottima portata.

Navigando direttamente dalla cucina fin sul nostro tavolo, la barca con il sushi e sashimi è arrivata imponente, occupando metà del tavolino. Avrei gradito mangiare prima la zuppa ed il riso, ma ora che questo ben di dio si mostrava nudo e crudo davanti ai nostri occhi come potevamo resistere?Simona ha portato il primo arrembaggio ad un california roll al tonno, ed io l’ho seguita.

Erano ottimi, il tonno al loro centro aveva un sapore forte e deciso, diverso da quello delle scatolette, per un pò ti restava nella bocca e sul palato.
Poi ci siamo lanciati sul pesce crudo, la spigola e dell’ottimo salmone. Preso con le bacchette un piccolo pezzetto di pesce lo immergevo per una parte nella salsa di soia, in modo che si insaporisse leggermente di sale e poi lo portavo tra le mie fauci lasciando che dolcemente si sciogliesse nella bocca, rilasciando il suo semplice ed intenso sapore.
Nel frattempo ci avevano servito i ravioli di verdure chiesti da simona, quindi abbiamo deciso di fare una pausa dal sushi.
Ho ripulito la bocca dai sapori precedenti mangiando una fettina di ginger marinato in aceto. I giapponesi lo servono sempre con il sushi, serve a riequilibrare il palato tra un tipo di pesce e l’altro e mi sembrava perfetto per passare ad un piatto differente.

I ravioli non erano tra i migliori che abbia mangiato, le verdure avevano un sapore troppo forte che non trovavo gradevole mentre il pallido e molle impasto esterno era buono, e guadagnava sapore una volta cosparsi di salsa agrodolce cinese.

Prima che avessi il tempo di posare nuovamente gli occhi sulla barca di sushi mi hanno servito la zuppa di miso.

Fumante, nella sua classica ciotolina, con il tipico cucchiaio da zuppa orientale in porcellana che stimola meglio la lingua nella degustazione del brodo caldo rispetto a quelli metallici, senza alterarne minimamente il sapore.
La zuppa era differente da quelle solite, molto più saporita e leggermente salata, il tofu che vi galleggiava appena arrivato in bocca si scioglieva senza darmi il tempo di percepirne il sapore quasi neutro. Dopo averla fatta assaggiare a Simona, ho ripulito la ciotola fino all’ultima goccia di brodo caldo, sentendomi subito dopo accaldato e meno affamato.

Finalmente potevo dedicarmi al mio piatto preferito, il sushi. La barca era li pronta per esssere assaltata ed affondata definitivamente.

Ho ricominciato dalle fettine crude di tonno rosso, che resistono nel sushi almeno fino a quando sarà consentito mangiarle per legge. Mi è sembrato insapore, il processo di congelamento per ventiquattro ore imposto dalla legge distrugge il sapore del pesce crudo anche se è necessario per uccidere alcuni batteri dannosi all’essere umano quando ingeriti.

Il salmone era invece incredibile, delicatom, tenero e saporito, lasciava un armonioso retrogusto sul palato ed in tutta la bocca.
Dopo il sashimi, il pesce crudo a fettine, abbiamo terminato tutti i nigiri che esaltati dalla giusta cottura del riso e dalla delicatezza del suo sapore erano perfetti.

Ho lasciato per ultimi due piccoli maki, quei piccoli cilindretti avvolti in foglia d’alga nori con dentro il riso ed al centro un pezzettino di pesce o verdura. Li adoro e volevo gustarli con calma come alla fine sushi. Ne ho preso uno tra le bacchette ed ho immerso la sua parte inferiore per circa mezzo centimetro nella salsa di soia aromatizzata con la salsa wasabi, poi ho aspettato che gocciolasse con calma la salsa di soia in eccesso ed infine lo portato alla bocca. Le papille gustative si sono accorte prima del gusto intenso e salato della salsa di soia, poi di quello più delicato della parte di riso non imbevuta di soia, infine il gusto deciso della foglia d’alga che è stato l’ultimo stadio di sapore percepito. Un equilibrio di gusti incontaminati della cucina giapponese che non si riesce a percepire in nessuna altra cucina, dato dalla sapienza di non contaminare i cibi con cotture aggressive, spezie o sughi, lasciando che siano loro stessi protagonisti del gusto.

Quando il sushi è terminato, il palato era soddisfatto ma lo stomaco no, c’era ancora un buchino da riempire, per fortuna è arrivato in soccorso il riso al curry ordinato da simona che ha fatto da tappo. Anche se un tantino anonimo come sapore è stato utile alla causa.

 

Non restava che terminare la cena con un bel dolcetto orientale. Dopo un attento studio dei dolci, le loro provenienze ed un controllo su internet per capire di cosa si trattava abbiamo, scelto.

Io ho preso un dolce tipico tailandese, dei dolcetti di riso e mango in cestini di foglia pandalus. Sono stato davvero contento della mia scelta perché questo tipo di dolce non è strapieno di zuccheri stucchevoli ma riesce ad equilibrare il gusto dolce della parte di riso con quello fruttato con note salate del frutto. E’ un modo perfetto per concludere un abbondante cena.

 

Quello di Simona invece era più il classico dolce, le palle di cocco coreane, delle palline bianche al cocco ripiene di qualcosa di morbido leggermente più scuro che non ho saputo definire. Devo ammettere che anche il suo dolce non era affatto male e si lasciava mangiare con estremo piacere del palato. Su internet ho letto che la parte interna delle palle di cocco è fatta di banana ma non voglio crederci vista la mia avversione anche per il solo odore delle banane, che mi accompagna sin da piccolo, quando mia madre mi costringeva a mangiarle contro voglia fino ad una propizia indigestione che me ne ha liberato per sempre…

Stavo per scoppiare di cibo e le varie grappe sul menù mi sembravano la giusta spinta digestiva di cui avevo bisogno. Ho tentato invano di prenderne una al bambù. Non c’era, ovviamente, quando scegli attentamente qualcosa da un elenco, riesci sempre a chiedere l’unica cosa che manca, così ho ripiegato su di una grappa alla prugna, un pò troppo dolce e annacquata per i miei gusti.

Siamo andati via satolli, quasi rotolanti per quanto avevamo mangiato ma soddisfatti con la promessa di ritornarci spesso, visto i prezzi dei menu “no limits” che il locale propone.

Il ritorno…
La scorsa settimana presi da una voglia di cibo giapponese siamo tornati a pranzo da fuji, questa volta abbiamo deciso di sfruttare il menu a prezzo fisso in modo da mangiare tutto quello che ci andava.

Come pietanze non ci siamo discostati troppo dalla volta precedente tranne per l’antipasto di polipo ed alga.

Una simpatica e gustosa insalatina di polipo con alghe ed aceto, davvero ottima per stuzzicare il palato.

La cucina è stata buona e non abbiamo potuto fare a meno di mangiare un bel pò di sushi, questa volta la cottura era meno perfetta della volta precedente ma comunque buona.

 

 

Al posto della zuppa classica e del riso abbiamo deciso di prendere il Ramen, il tipico piatto di spaghetti in brodo con uova sodo e carne che viene spesso mostrato negli anime giapponese e che in realtà sarebbe un piatto unico. Per noi non è stato altro che un semplice intermezzo tra le tante altre portate. Sul menu era indicata come “Lamen” e nella scodella non vi era traccia di uova. Non mi sentirei di consigliarlo, ne ho mangiati di migliori in altri ristoranti giapponesi, tanto il menù è grande e le possibilità svariate…

Quando eravamo già sazi abbiamo deciso di terminare il pranzo con una bella tempura, la frittura di verdure in pastella tipica del giappone che viene servita con una salsa molto liquida che ne migliora il sapore.

Ancora una volta un giudizio posito ed una nuova promessa di ritornare a mangiare giapponese al Fuji.

 

11 pensieri riguardo “Al tavolo del Fuji – giapponese all you can eat

  • Buonissimo davvero questo ristorante… tra quelli con il menù fisso a ROma che ho provato è sicuramente il migliore!

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  • Che bel blog, continua così!
    Se vengo a ROma me lo segno!

    p.s il cavolo cappuccio rosso credo che a roma lo puoi trovare in mercatini e magari anche in supermercati forniti, in inverno.

    Adesso ti seguo:)
    Barbara

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  • @Barbara
    Grazie mille, oggi ho visto quel cavolo viola ma non ero sicuro che fosse lui, lo comprerò…

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  • Caspita quanta roba hai mangiato! Anche io sono andata settimana scorsa a Milano con un voucher della Groupon, un ristorante di una catena, ma non era gran chè, ho risparmiato molto ma era troppo caro di partenza. E grazie per la visita al mio blog!

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  • Forse esagero un pochino quando vado nei ristoranti giapponesi ma mi piace troppo la cucina orientale, a dire il vero esagero in qualunque ristorante…

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  • MAi stata in un ristorante giapponese!Caspita quante cose hai mangiato! Un abbraccio e buonissima serata

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  • @marifra79
    E' una grave carenza, bisogna provare tutto nella vita ed il giapponese è solo una minima parte di quello che ho provato, ogni paese a tradizioni ed usanze che si riflettono direttamente nella cucina e ci sono cose favolose da mangiare…

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  • Io dovrei andarci domani con la mia ragazza! Siamo assidui frequentatori di ristoranti giapponesi e cinesi, e senza ombra di dubbio posso dire che a Roma il migliore mai provato..sia per prezzo che per qualità è il Wokwe…in zona parioli…19,50€ al kaiten e mangi tutto quello che vuoi, sushi di ottima qualità, tutto preparato davanti ai tuoi occhi, e se gli stai simpatico il sushiboy ti accontenta anche in qualche richiesta particolare!!! Inoltre al piano superiore c'è il buffet di cucina cinese e in più la piastra dove puoi farti preparare carne o pesce che scegli tu stesso! Fantastico! Non si può non uscire da lì con 10 chili in più…sarebbe un'offesa agli chef più che altro!!! Se qualcuno conosce ristoranti Giapponesi a Roma con formule simili potrebbe indicarmeli per cortesia?! (Tranne Hokkaido..o lo Zen Garden 2!)

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  • @Dino
    Oltre a Fuji di cui si parla in questo post, ci sono tanti altri ristoranti giapponesi con menù a buffet o non stop, potresti provare da tokyo a Fiumicino, ha il menu fisso, il locale è molto carino e non si mangia male. Poi ci sarebbe dentro Parco Leonardo, al piano superiore dove ci sono i fast food, un ristorante di cui ora non ricordo il nome sempre con menù a buffet kaiten, comunque accettabile se ti trovi a fare spese al centro e vuoi mangiare giapponese.

    Ora mi toccherà provare questo Wokwe in zona Parioli. 🙂

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