Cucina italiana

Ai tri scalin, Ferrara

Su suggerimento di un amico ferrarese (il tale Rudy bandiera), siamo andati a pranzo dai tre scalini.
Erano giorni che tentavamo invano di prenotarci un tavolo in questo rinomato ristorante a pochi passi dal Po ma non rispondeva mai al telefono.
Poco prima dell’ora di pranzo ho fatto il mio ultimo disperato tentativo, che ha ottenuto risposta positiva.
Eravamo alla Certosa, dalla parte opposta della città ed abbiamo dovuto attraversare trasversalmente tutta la pianta cittadina per raggiungere il Po.
Il locale all’esterno era appena riconoscibile da un insegna nera, con la sola scritta tre scalini, bianca su sfondo nero.
Già dalla prima sala si capiva di aver trovato un posto diverso dagli altri, meno ricercato e trendy ma più casereccio.
Ci siamo accomodati nella sala a destra, al tavolo vicino ad una coppia di anziani signori.

Le bianche pareti del locale erano quasi completamente nascoste dai bei legni scuri che rivestivano la parte bassa della parete fino a metà altezza. La pare restante era riempita da grandi mensole di legno, e vere e proprie scaffalature piene di vecchie bottiglie di vini e liquore che davano al locale una piacevole sensazione di un passato ancora molto presente.

Direttamente sulla tovaglia c’era appoggiato il pane tipico ferrarese, la coppia, da sgranocchiare in attesa del pasto.

La tovaglia era di quelle semplici giallino scuro, pure i bicchieri e le posate erano quelle classiche che si trovano anche a casa.
Il cameriere che ci ha servito era giovane e simpatico ed aveva la capacita nell’elencare i piatti e gli ingredienti di e farli sembrare una rarità.
Io ho preso il famoso pasticcio ferrarese, pasta sfoglia con dentro maccheroni con besciamella, funghi e tartufo fresco. Con una variante rispetto a quello classico che consisteva nella pasta sfoglia salata invece che dolce.

Simona ha preso dei tortelli di robiola conditi con una crema di pere ed una riduzione di aceto balsamico.
Ho apprezzato il fatto che non ci abbia chiesto se volevamo un antipasto, in un posto casereccio mi fa piacere cominciare spediti dai primi.

Da bere abbiamo preso solo un quartino di rosso della casa, per evitare l’abbiocco pomeridiano.
I primi sono arrivati quasi subito mentre noi avevamo già fatto amicizia con i vicini di tavolo, lui di Pavia e la signora Milanese.
Ho provato prima i tortelli di Simona che erano ottimi, meno salati di quelli della sera precedente, gustosi e delicati ma non paragonabili al pasticcio.

Era unico, dalla sfoglia croccante e l’interno inebriante al tartufo. Ho provato a farlo durare il più possibile prendendone dei bocconi piccolissimi ma dopo un po’ è di finito lasciandomi triste ed abbandonato.
I simpatici signori stavano consumando un bollito misto di manzo, lingua, guancia, cotechino e salama da sugo e ce ne confermavano la bontà.
Quando il cameriere è tornato a chiedere se volevamo ordinare altro, avevamo le idee chiare.
Simona non voleva la guancia e la lingua e nemmeno la salama che la sera prima era veramente troppo salata ma ci ho messo poco a convincerla.
Abbiamo ordinato un bel bollito misto da dividere in due.

Il bollito era buonissimo, non appena ho fatto provare la lingua a Simona ne ha voluto metà. Era tenerissima e si scioglieva in bocca, così come il manzo, quella specie di cotechino, e la guancia molto simile per sapore alla trippa.
Mancava solo da sciogliere il nodo della salama da sugo con il purè.
Era buonissima, per niente salata, saporita e tenera, completamente diversa da quella della sera prima.

Insieme al bollito ci sono state servite le salsine di verdure da accompagnamento. Tutte particolarmente buone.
Quella bianca piccante fatta con farina, alici sott’olio, burro e limone aveva un sapore troppo forte che copriva quello del bollito.
La verde era buona, fatta probabilmente con prezzemolo, uova e pane.
Ma la mia favorita era quella arancione con carote tritate ed aceto.
Dopo il bollito Simona voleva dare forfet ma insistendo ho ottenuto che mangiasse metà del mio dolce.

Mi sono fatto portare la torta ricciolina, una torta tipica di Ferrara conosciuta anche come torta di tagliatelle.
Una torta costruita a base di pasta frolla farcita con mandorle e miele, ricoperta da nidi di tagliatelline che una volta cotte diventano croccanti. La superficie viene poi spolverata di zucchero a velo e spesso bagnata dal liquore alle mandorle.
Come tutto il resto era deliziosa e quasi subito ci siamo pentiti di non averne presa una porzione a testa.

Finita la torta abbiamo pagato il prezzo molto giusto di 47€ in due e siamo andati via felici.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *